"La, in quella terra impregnata di magia nera, all'ombra della sacra corona d'Ungheria, era nata Erzsébet. Nel concepimento di quel fiore si compiva il destino della sua razza o si esprimeva un'epoca in cui gli istinti si dibattevano ancora nelle nebbie della barbarie primitiva? L'unica cosa certa è che tra lei e le cose c'era uno spazio vuoto, quasi una parete imbottita come nelle celle di isolamento per i pazzi. Sono i suoi occhi a denunciarlo, nel ritratto che abbiamo di lei: cercava di afferrare e invece non poteva nemmeno toccare. E volersi ribellare al destino di non vivere è proprio ciò che dà il gusto del sangue: del sangue altrui, in cui forse è racchiuso il segreto che le era stato celato fin dalla nascita."
La giovane Kristen (Amber Heard) si trova isolata in un remoto reparto di un ospedale psichiatrico, dove viene sottoposta a trattamenti non ortodossi. Perché lei sia lì è per lei stessa un mistero, visto che sembra preda di un'amnesia totale sulla sua vita precedente. Tutto quello che sa è che non è al sicuro e che quel posto nasconde misteri e stranezze. Pian piano le altre quattro ragazze rinchiuse con lei spariscono...
RECENSIONE
Ormai il cinema horror americano è per la maggior parte dominato da filmetti insipidi diretti da registucoli senza arte ne parte, che cercano di sopperire alla loro - e dei produttori - completa mancanza di idee con budget enormi, effetti speciali sofisticatissimi e con remake che non starebbero in piedi nemmeno se puntellati a terra con gran forza. E il problema non è solo di sceneggiature - anche questa di The Ward mica è geniale - ma di come le stesse vengono messe in scena ovvero con montaggi epilettici, tempi completamenti avanzati e ritmi da sala corse più che da film.
Poi ecco che dopo dieci anni (!) di mancanza dalla sale - solo i due medi per la serie tv "Masters of Horror" : l'incredibilmente bello CIGARETTE BURNS (capolavoro) ed il riuscito PRO-LIFE - rispunta a (semi)sorpresa il grande Carpenter con un film a bassissimo budget, diretto su commissione e che aveva fatto storcere il naso alla critica d'oltreoceano - va ricordato però che la suddetta critica non ha mai amato il cinema del grande Maestro americano - , ma che rimette in gioco uno stile, una forma, una sostanza che negli ultimi anni è quasi scomprsa dal cinema di genere "made in USA". Sin dal formidabile incipit è chiaro che chi gira non è il solito mestierante - o peggio un nocivo "shooter" alla Bay - ed è anche chiaro che il vecchio John non ha assolutamente perso la mano .
La sequenza è magnifica e viene chiusa da dei titoli di testa eccezionali. Subito dopo veniamo immersi in una clinica psichiatrica dove la tensione è costante grazie proprio alle perfette scelte del regista, che non sbaglia un'inquadratura e che lascia che i tempi morti diano ritmo ad una sceneggiatura un pò rivista , ma che "diretta" cosi' diviene una perla anch'essa. Notevole il lavoro sugli attori - bellissima e brava la protagonista e di spessore pure tutti gli altri attorii, sia la "old school" di facce alla Carpenter , su tutte l'infermiera sadica , sia le giovani del reparto psichiatrico - e gran lavoro sia come fotografia - del bravo Yaron Orbach- che come colonna sonora - scritta da tal MArk Kilian ma carpenteriana sino al midollo-. Carpenter gioca coi colori , riesce nella difficile impresa di non perdere il suo tocco e ci regala il miglior horror dell'anno, teso , inquitante e girato così bene che funzionerebbe benissimo anche muto. Impossibile resistere ad un film che crea attesa , che ha delle scene movimentate girate da dio e che non usa mai facili trucchetti per spavenmtare il pubblico boccalone.
Qui - come per l'ultimo grande Landis "Burke & Hare" - è il cinema vero a farla da padrone , quello che usa la sceneggiatura per costruire e non per chiarire e quello che non ha bisgona di centinaia di milioni di dollari per esistere.
Assolutamente da non perdere per chiunque sappia che cos'è la settima arte e per chi è convinto che il cinema d'autore non possa essere anche di genere. Il ritorno del regista anarchico-socialista-capitalista (!) (cosi' lo stesso Carpenter ironicamente si definisce ) naturalmente non manca di dare stoccate alla società americana ma quel che è incredibile è che come al solito il suo "colpire" lo Stato non è ma manicheo o inutilmente "diretto".
Era la mezza estate
e metà della notte;
le stelle camminavano
pallide nella luce
della luna più scintillante e fredda,
fra i suoi schiavi, i pianeti;
lei, proprio lei nei cieli,
il suo raggiosulle onde.
Io fissavo incantato
il suo sorriso freddo,
freddo - per me troppo freddo;
passò poi come un velo
una nube fioccosa
e io mi volsi a te,
superba Stella della Sera,
magnifica e remota,
ed il tuo raggio mi sarà più caro;
perché è gioia al mio cuore
questa superba parte
che ti spetta nel cielo e nella notte,
e m'incanta di più
il tuo fuoco lontano
di quella luce umile e più fredda.
"Aldof" Grafite Ed Elaborazione Digitale su Cartacm. 42x29
Autore dell’opera è il gruppo: TRE PUNTI, composto, in ordine
alfabetico, da: Aldo Galeazzi, Annamaria Travaglini e Stefano Vullo.
Uniti per l’occasione del Premio Combat in un consesso artistico
derivante dall’amicizia che li lega nella vita. L’opera Aldof è un
vuoto di personalità, un io privo di se’, il simbolismo iconico è mera
credenza materialista. Lo specchio è inesorabilmente muto.
"Nelle fredde sere autunnali,
quando ti senti smarrito
e vaghi senza meta,
potrai seguire la luce,
di quelle piccole lampadine blu,
per giungere, finalmente,
a casa"
Eleonora Genua
Questo disegno è stato uno dei miei primi esperimenti.
Quando mi guardi
i miei occhi sono chiavi,
il muro ha segreti,
il mio timore parole, poesie.
Solo tu fai della mia memoria
una viaggiatrice affascinata,
un fuoco incessante.
Scrittrice e poetessa argentina, la sua opera è sempre di grande ispirazione per il mio lavoro.
"Hai vinto ed io ho perso. Ma d'ora in poi anche tu sarai morto, morto al
Mondo, al Cielo e alla Speranza! Tu esisti in me, e con la mia morte,
guarda con questa immagine, che è la tua, come hai definitivamente
ucciso te stesso."
tratto dall'opera "William Wilson" di Edgar Allan Poe
Opera presentata al " PREMIO COMBAT 2011" fuori concorso.
"...il passato penetra nel presente,
dove il peso di colpe di sangue
e di vecchi peccati devasta
le esistenze e costringei figli
a giacere con i restidei loro padri
nelle intricate rovine
delle conseguenze."